sabato 29 novembre 2014

FINE DELLA DEMOCRAZIA?

Il convegno del 25 novembre ha offerto molti spunti di riflessione fra i quali il più significativo è la scarsa partecipazione politica mostrata degli italiani fin dalla nascita della Nazione. Infatti i moti risorgimentali sono stati innescati e guidati da un'elite senza coinvolgere le masse: Quasi sempre ha prevalso il c.d. familismo, espressione coniata da un sociologo americano che ha vissuto 6 mesi in paesino della Basilicata, dove ha constatato l'assenza di forme associative e di reti di relazione, al di fuori della famiglia che rappresenta un ambiente chiuso che non sviluppa il senso civico e l'interesse per il bene comune. 
Dopo la breve stagione degli anni 70, dove la partecipazione alla politica ha conosciuto la fase più intensa, è iniziato il cosiddetto "riflusso" nel privato fino alla completa apatia odierna. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ha cancellato l'esigenza della partecipazione e il cittadino assiste passivamente allo svolgersi degli avvenimenti politici, disorientato dall'eccesso di informazione che impedisce di cogliere la sostanza dei problemi.  
La frase di Renzi che commentava il voto alle regionali, secondo cui "la scarsa affluenza al voto è un elemento secondario", dimostra che lo scollamento cittadini-governanti non rappresenta più un problema anzi agevola il perpetuarsi della classe dirigente attenta a coltivare le proprie clientele e i rapporti con i centri decisionali che contano, potentati economici e mondo della finanza.

La responsabilità di questa situazione, a mio avviso, non è soltanto della classe politica ma anche dei cittadini che ormai non mostrano alcun interesse ad avere dei rappresentanti che siano in grado di rimuovere le cause che impediscono la crescita morale, politica ed economica della società.

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